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Per non dimenticare Alexander langer

Ultimo Aggiornamento: 14/01/2008 10:56
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Città: BASSANO DEL GRAPPA
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Sesso: Maschile
14/01/2008 10:56

Alexander Langer (Vipiteno 1946 - Firenze 1995)

(del Prof. Roberto Dall'Olio)

Alexander (Alex) Langer nasce a Vipiteno/Sterzing (Bz) nel 1946 proprio all’indomani della fine della Seconda guerra mondiale da padre viennese e madre sudtirolese. Il padre, medico di origine ebraica, era fuggito in Italia per scampare alle persecuzioni razziali e rimase appunto nel nostro Paese trovandovi la possibilità di una vita stabile e di farsi una famiglia. Langer dunque cresce in un ambiente famigliare culturalmente avanzato e stimolante e fin da ragazzo mostra una precocissima sensibilità per i problemi etnici e in generale legati alla convivenza fra persone di etnia, confessione religiosa, lingua diverse. Proprio partendo dall’esempio di suo padre, dal fatto che quest’ultimo non andasse in Chiesa, Langer cominciò a misurarsi con la diversità, con il rispetto che si deve alla diversità. Cattolico di ispirazione mariana, Langer frequenta il Liceo classico a Bolzano dove fonda una rivista bilingue dal titolo emblematico : “Il ponte/Die Bruecke”. In questo foglio, davvero anticipatore nel Sudtirolo dei primi anni Sessanta, Langer mostra già nei suoi articoli quelli che saranno i temi dominanti della sua vita di uomo politico e scrittore. In primo luogo le questioni di una terra di confine, i rapporti tra “tedeschi” e “italiani”, il dialogo tra due mondi separati. Qui si trova elaborato il suo concetto di RELAZIONE inteso non come assenza di tensioni, ma come capacità di leggere ed affrontare le tensioni. Relazione come emozione, contatto ed elaborazione intellettuale delle medesime.

Laureatosi a Firenze nel mezzo del Sessantotto in giurisprudenza, conosce alcuni grandi della cultura italiana, primo fra tutti Giorgio La Pira, poi il fine Balducci e, di passaggio, don Milani. Tradurrà in tedesco la Lettera ad una professoressa del Priore di Barbiana. Imbevutosi del nuovo umanesimo fiorentino, mediandolo con la cultura classica tedesca che conosceva molto bene, tutto compreso nel dialogo difficile tra comunisti e cattolici, si troverà poi in Germania e a Trento ove si laureerà in Sociologia, tenendo una rubrica per un settimanale tedesco, “lettere dall’Italia”.

I durissimi e potentemente creativi anni Settanta lo vedono a Roma come figura di spicco di Lotta Continua e diverrà direttore del giornale omonimo. Fu questo il periodo in cui Langer incontrò il marxismo impegnato e in cui contaminò maggiormente il suo linguaggio al solito così originale e personale con gli slogan e il politichese di allora. Sono gli anni dei proletari in divisa, anni in cui si cerca di fare proseliti tra i militari di leva in vista della rivoluzione proletaria e studentesca sempre ritenuta possibile. Ma l’epilogo tragico di questa stagione è alle porte e Langer riprende ad insegnare storia e filosofia progettando sul finire dei Settanta una lista della Nuova sinistra per il Sudtirolo. Chiede il trasferimento al Liceo classico di Bolzano, ma avendo rifiutato di aderire al “censimento etnico” del 1980, cioè obiettando di dichiarare a quale etnia sudtirolese (tedesca, ladina o italiana) egli appartenesse, il ministro Falcucci gli negò il trasferimento a Bolzano ed ebbe così inizio il suo vero impegno nelle istituzioni. Prima come consigliere della giunta regionale del Trentino – Alto Adige poi come cofondatore delle liste dei Verdi nella metà degli anni Ottanta. La direttiva politica di questi suoi anni così intensi era guidata da due idee fondamentali : la conversione ecologica e la convivenza inter-etnica. Langer aveva così indissolubilmente legato il problema della crisi ecologica con la questione della convivenza tra persone di etnia diversa. Il movimento dei Verdi si poneva come alternativo alla logica dei Blocchi tipico del clima politico della Guerra Fredda, ispirandosi al pensiero meridiano di Camus (né con l’est che è menzogna, ma neppure con l’ovest che è ipocrisia) e all’idea nonviolenta e euromediterranea dell’agire politico.

In un certo senso ci sono vicinanze con Olof Palme e con l’eurocomunismo di Enrico Berlinguer. Nonideologico e incarnato nella storia il pensiero di Alex Langer si nutriva di speranza verso un mondo migliore. Ma si esponeva anche fortemente a delle delusioni. Fondatore del festival delle utopie concrete di Città di Castello , Langer viveva nel suo viaggiare leggero le contraddizioni di un’epoca ambigua come la nostra di fine secolo. L’anno ’89 , l’anno di Tien An Men e del crollo del Muro di Berlino, lo vede eletto al Parlamento europeo (nell’ambito di una campagna elettorale tutta sui generis, partita dalla Vetta d’Italia e di cui anche chi scrive fu testimone nella Bologna di quel tempo) nelle file dei Verdi di cui diventerà “ministro degli esteri per l’est europeo” e anche Presidente nel Parlamento di Strasburgo. Comprese da subito che il crollo del comunismo nell’est Europa avrebbe comportato una serie di pericolosi smottamenti socio- politici e alimentato i focolai di violenza etnica in incubazione da decenni. Iniziò dunque un estenuante impegno a fronteggiare tali pericoli non dimenticando ovviamente i segnali sempre più evidenti della crisi ecologica in atto. Uomo politico di prima grandezza e di memorabile onestà (pubblicava puntualmente i suoi bilanci di parlamentare europeo) era anche un grande scrittore, una penna felice e uomo di sensibilità profonda nonché segretamente offesa. Segnali di una sua carsica disperazione si ebbero in occasione del suicidio di Petra Kelly e del suo compagno, ex generale tedesco, Gert Bastian, entrambi bandiere del movimento nonviolento ed ecologista. Scrisse Alexander Langer in merito alla tragica scelta dei due coniugi : “troppi gli amori che si intrecciano e non si risolvono…troppa la distanza tra ciò che si proclama e ciò che riesce a compiere, addio Petra Kelly”. Si era insinuata in Langer, uomo gettatosi nelle acque gelide della storia ( lui stessa l’aveva chiamata un’immersione onesta) con tutto il suo carico di progetti e speranze, essendo considerato un hoffnungstraeger, cioè un portatore di speranze collettive, la tragica frattura tra l’ideale e il reale, tra il desiderio utopico e le possibilità, per dirla con Weber : il conflitto tra convinzioni e responsabilità. Rieletto al Parlamento europeo nel 1994, Langer diede tutto se stesso per capovolgere le cattive sorti della guerra etnica in Jugoslavia giungendo anche ad invocare, lui fervido nonviolento, l’uso delle armi, ovvero l’intervento di un esercito di interposizione, per fermare la guerra civile, combattuta muro per muro, casa per casa. Ma in Italia non furono pochi né i silenzi e neppure le critiche, persino le accuse di essere un guerrafondaio convertitosi agli interessi dei venditori di armi nei confronti della sua proposta. Crediamo (uso il noi nel senso di tutti quelli che l0hanno direttamente o indirettamente conosciuto) tutti abbia sofferto immensamente per tele violenza illegittima che gli venne arrecata. Nuovamente respinta la sua candidatura a sindaco di Bolzano per le stesse ragioni di 25 anni prima, Langer nella sua affollata solitudine si tolse la vita a Firenze morendo più disperato che mai –sono sue parole- il 3 luglio 1995. Ebbe ben tre funerali, a Firenze, A Bolzano, e a Vipiteno sopra le cui pendici giace la sua tomba.

Il Parlamento Europeo l’ha più volte ricordato e gli ha dedicato una sala importante alla memoria. In Italia nonostante gli sforzi dei suoi amici più cari, tra cui Adriano Sofri ed Edi Rabini (tra l’altro curatori della prima antologia dei suoi scritti edita da Sellerio col suggestivo titolo “Il viaggiatore leggero”), della Fondazione intitolata a suo nome e con sede a Bolzano, della rivista di Forlì Una città, di Azione nonviolenta e del suo direttore Mao Valpiana, delle riviste innumerevoli cui aveva collaborato, di altri compagni di strada quali Guido Viale, Gianfranco Bettin, Peter Kammerer, la defunta Lisa Foa, l’opera meritoria ed importante di Fabio Levi, I viaggi di Alex, edita recentemente per Feltrinelli, il ricordo continuo di lui acceso nei Verdi da Pinuccia Montanari e , anche il piccolo contributo di chi ha redatto questa scheda; nonostante questi sforzi, il ricordo di lui nel decennale della morte su Repubblica e sul Manifesto, l’edizione delle sue lettere per “Diario” settimanale dell’Unità , il nome di Alexander Langer è rimasto oscuro ai più. Forse è questa la cifra della sua lotta dalla parte delle minoranze, ma la sua aspirazione era che le sue idee fossero diffuse- desiderabili come la sua idea di conversione ecologica della società- senza violenza. Consapevole com’era che nemmeno lui era forse in grado a volte di vivere nel mondo che aveva in testa. Lontanissimo com’era da idee ecocratiche ed ecocentriche, da dittature ecolatriche o abominii simili. Forse molti suoi temi seminati senza la sua esclusiva, proprio perché viaggiatore leggero e non conquistatore (memorabili le sue parole in occasione del cinquecentesimo di Colombo e dell’America) , stanno qua e là maturando e proponendo nuove speranze e la sua sconfitta – perché davvero la storia sembra averlo schiacciato e sconfitto, si sta lentamente tramutando in una durevole proposta di pace










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