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Il caso della sanità

Ultimo Aggiornamento: 17/01/2008 18:14
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Città: BASSANO DEL GRAPPA
Età: 46
Sesso: Maschile
17/01/2008 18:14

Il Caso della sanità.


Vista la nomina dei manager della sanita’ ed i casi crescenti di malasanita’ vorrei soffermarmi su certi perversi meccanismi. Tale testo l’ ho tratto dal libro<< Il costo della Democrazia, di Cesare Salvi e Massimo Villone>>, libro molto bello che vi consiglio di leggere, a mio modesto avviso di livello superiore alla Casta di Rizzo e Stella, perchè propone a differenza di quest’ ultimo delle soluzioni, magari diverse da quelle che propone il mio partito , ma le propone. Ho fatto questo perchè essendo io medico non ho voluto prestarmi ad alibi, appigli e similaria. Un costo crescente della politica è dato dalla facolta’ degli eletti, sempre piu’ generosamente riconosciuta dalla legislazione degli ultimi anni, di conferire incarichi ai propri dipendenti, di assumere consulenti e collaboratori esterni alle pubbliche amministrazioni , di stipulare con l’ alta dirigenza contratti a termine la cui retribuzione è libera, cioe’ non vincolata nè dalla legge nè dalla contrattazione collettiva. Si tratta di un’ esercito di quasi 300.000 persone che devono alla politica ed alle sue alterne vicende il prestigio, il denaro e talvolta persino il posto. Nell’ ultimo decennio le regole sulla dirigenza pubblica hanno subito un cambiamento profondo. Le posizione di vertice oggi sono attribuite con contratto individuale, di durata temporanea, che stabilisce anche l’ ammontare della retribuzione (che quindi non è piu’ predeterminata in modo uniforme). è possibile dare ai dirigenti incarichi aggiuntivi retribuiti a parte. Molte possibilita’ di nomine politiche interne ed esterne alla pubblica amministrazione, molte possibilita’ di retribuzioni elevate o elevatissime. è ben vero che oggi ai vertici delle aziende sanitarie locali, che hanno sostituito le Usl, e che fanno capo alle regioni, non c’è un politico ma un manager, strettamente tenuto ad osservare criteri di efficienza aziendale. E’ ben vero che in teoria dovrebbero esistere griglie di stretta valutazione dei risultati conseguiti e che a questi dovrebbero legarsi il destino dei manager. Ma la realta’ è un po’ diversa. Tutto parte dalla scelta dei managers. Qui la discrezionalita’ del potere politico è amplissima : nella norma, nella valutazione dei risultati conseguiti, nella eventuale riconferma. Le griglie di selezione degli aspiranti, requisiti, titoli, esperienza sono evanescenti. Ne segue che nella scelta è determinante l’ accordo politico. In regime di coalizione, cio’ comporta che il direttore delle diverse Asl operanti in ciascuna regione sia subappaltato ad una forza politica, che lo sponsorizza e lo tutela. Il suo destino oggi, molto ben retribuito, dipende dalla quella forza politica. In sintesi il manager è molto potente nell’ azienda, estremamente debole verso la politica. Ed è per questo che la leggenda metropolitana narra di strutture sanitarie subappaltate a loro volta a questa o quella forza politica, in virtu’ dell’ appartenenza dei vertici aziendali a filo doppio con quella forza. Con la conseguenza che scelte aziendali e carriere si fanno solo se viene l’ ok dalle persone giuste. E cosi’ nascono i primari di partito, che hanno raggiunto in piu’ occasioni l’ onore delle cronache. Purtroppo anche con notizie drammatiche, se ha ragione il prof. Carlo Marcelletti, primario di chirurgia pediatrica all’ Ospedale Civico di Palermo, quando a proposito della tragedia dei bambini morti nel corso di operazioni chirurgiche di routine, imputa la malasanita’ siciliana << al fatto che tanti medici vengono assunti o fanno carriera grazie a lobby, correnti di partito o mafia>>. Come vengono nominati i primari in Italia?. Il meccanismo è semplice. Esiste una commissione tecnica fatta da una commissione presieduta dal direttore sanitario. Ma la commissione conclude con una lista di idonei, tutti alla pari. Curriculum e prova tecnica, che dovrebbero servire a stilare una graduatoria fra chi, ad esempio, ha un’ esperienza piu’ lunga ed articolata, ha studi all’ estero o quant’ altro, servono solo ad escludere chi è sotto al limite della decenza (a parte il fatto che questo è un paese nel quale un’ idoneita’ non si nega a nessuno; tant’ è vero che sovente tutti i candidati sono dichiarati idonei. E’ evidente che si è posto il primo mattone perchè la scelta sia fatta prescindendo dal merito e dal valore personale. Il contratto, infatti, è stipulato poi dal manager, che puo’ scegliere chi vuole nella lista degli idonei. Tanto è ampia la discrezionalita’ che il tentativo di attaccare la scelta da parte dei perdenti davanti al giudice amministrativo usualmente falliscono. E qui il cerchio si chiude perchè il manager troppo spesso ascolta l’ indicazione del politico di riferimento e fa le scelte che questo gli indica. Magari il prescelto sarebbe stato l’ ultimo della graduatoria qualora una graduatoria ci fosse stata. Ma tant’è tutti idonei. Ed ecco perchè il medico attento si procura un appoggio politico prima ancora di presentare domanda per un primariato. Ecco perchè abbiamo alla fine il primario con la tessera. In ogni caso il problema non puo’ essere riversato sui medici. Il punto è nell’ attenzione spasmodica che la politica ha nei loro confronti. Per il semplice motivo che il medico è un grande attrattore di voti. E siccome il ceto politico guarda anzitutto alla capacita’ di creare consenso, puo’ volere un medico che ha gestito la sua carriera in un’ ambito locale costruendo una solida rete di rapporti, piu’ del luminare che ha lavorato e acquisito notorieta’ all’ estero, ma rimane sconosciuto nel condominio, nel quartiere, nella citta’, nella provincia. Il primo porta voti, il secondo no. Un’ altra leggenda metropolitana narra che i piu’ esperti possano con buona esattezza calcolare il valore di voti di un direttore sanitario, di un primario, o di un medico di base, conoscendo la struttura di appartenenza, la branca, la specializzazione o il parco clienti. Verita’ o fantasia? Difficile dirlo. Ma un po’ di vero deve esserci i voti ci sono, eccome. E del resto basta vedere come nella composizione delle assemblee elettive la presenza di medici è elevata e crescente. E non è un caso che tra gli eletti , al contrario , non si vedono praticamente piu’ operai. Si puo’ dire: che cosa c’ entrano le regioni? La risposta è semplice. Le regioni c’entrano perchè praticamente la sanita’ è nelle loro mani, perchè i fondi destinati alla sanita’ sono intorno ad un 70% di un bilancio regionale, perchè il piu’ duro contenzioso con lo Stato è sui fondi sanitari, e invece perchè la maggior parte dei debiti delle regioni viene dalla Sanita’?. Dunque la regione ha un grande interesse a una gestione efficiente della sanita’. E i cittadini hanno un grande interesse a che tale obiettivo non si traduca in scelte di fatto clientelari, che non possono che diminuire l’ efficienza ed aumentare i costi. Che fare?. Anzitutto piu’ rigore nella selezione dei manager, dai requisiti di professionalita’ ed esperienza alle modalita’ di valutazione ed assegnazione della sede. Ad esempio costruendo una graduatoria di merito, e lasciando la scelta della sede ai vincitori secondo l’ ordine in graduatoria. Inoltre piu’ rigore nei risultati conseguiti dal manager, da un lato definendo meglio i parametri di riferimento, dall’ altro, costruendo una sede appropriata per la valutazione. Fra tanti comitati, commissioni piu’ o meno speciali, agenzie, nuclei di valutazione e quant’ altro, potremmo certo inventarci qualcosa. Tratto dal testo :Il costo della Democrazia di Cesare Salvi e Massimo Villone. Alla luce di quanto esposto dagli autori di questo libro, due senatori di Sinistra Democratica, vi invito a rileggere i miei post sulla malasanita’ ed a considerare le dichiarazioni del ministro Livia Turco e del Governatore Agazio Loiero.

Pur rispettando le soluzioni proposte dagli autori di tale libro, voglio ribadire che il Nuovo Partito d’Azione è L’ UNICO PARTITO ITALIANO che propone l’ elezione diretta, da parte dei cittadini, dei manager delle Asl, sottraendo tale nomina ai partiti politici, si avrebbe piu’ trasparenza e meno sudditanza dei manager nei confronti del proprio padrino politico. Magari la griglia dei candidati si sceglierebbe secondo uno dei criteri proposti da Cesare Salvi e da Massimo Villone, ma l’ elezione del manager la si lasci al cittadino al quale solo a lui il manager risponderebbe. Noi neoazionisti siamo per una drastica riduzione delle consulenze, date agli amici degli amici per centinaia di migliaia di euro, per la soppressione della miriade di enti inutili, statali, regionali, provinciali, comunali, per l’ abolizione delle province, per una diminuizione del 70 % degli stipendi dei parlamentari, tutti temi trattati in modo encomiabile nel libro dei due senatori. Vedete calabresi, italiani, che il difetto non sta nei partiti ma nell’ elettore? Se l’ elettore non vota, chi porta avanti queste cose, ma preferisce votare altri soggetti politici, di cosa cacchio si lamenta poi? Inoltre voglio rimarcare che, come sta riportato anche nel libro, il Governo di centrosinistra, da noi votato ha tradito tutte le attese e le istanze su tali questioni, Salvi e Villone si sono viste respinte le loro proposte per addivenire a cio’, questo per far comprendere le resistenze che ci sono in seno al Governo, e non è che col centrodestra le cose siano andate meglio. Per questo vi invito a riflettere ed a dare il vostro voto alle forze politiche, il mio partito ha tutte le carte in regola, oppure in subordine a quelle persone che si sono battute per queste cose.

Se date il consenso a chi sperpera e spreca c’è poco da fare e poco da lamentarsi.



Piero Ferrari



Segretario Regionale del Nuovo Partito d’Azione per la Calabria
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